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Disposizioni Contro le Immigrazioni Clandestine
L’immigrazione illegale (o immigrazione clandestina o immigrazione irregolare) è l’ingresso o il soggiorno di cittadini stranieri in violazione delle leggi di immigrazione del Paese di destinazione.
Lo status degli immigrati illegali è, nella maggior parte dei casi, temporaneo. Può accadere che persone entrate clandestinamente, senza presentare le proprie generalità ai controlli di frontiera, riescano successivamente a sanare la loro posizione sul territorio, tramite “sanatorie” o “regolarizzazioni”. Viceversa persone entrate legalmente sul territorio possono restarvi per un tempo superiore al previsto e divenire quindi “irregolari” (“overstaying”, cioè soggiornanti oltre il tempo consentito), non riuscendo a rientrare nelle casistiche previste per ciascuna “sanatoria”.
Gli immigrati sono di solito mossi dalla ricerca di condizioni di vita migliori: spesso i Paesi di provenienza sono poveri, oppure in quei Paesi non vengono rispettati i diritti civili; in quest’ultimo caso, essi potrebbero avere diritto ad ottenere lo status di rifugiati richiedenti asilo. L’immigrazione illegale, così come quella regolare, è un fenomeno di cui sono oggetto generalmente i Paesi più ricchi e segue rotte e modalità di trasporto svariate.
Tali spostamenti vengono definiti irregolari se avvengono senza la necessaria documentazione e, peraltro, di frequente coinvolgono trafficanti di esseri umani, talvolta costituiti in vere e proprie organizzazioni criminali dirette al loro sfruttamento. Le persone che si muovono in questa maniera spesso mettono a rischio la propria vita, sono obbligate a viaggiare in condizioni disumane e possono essere oggetto di sfruttamento e abuso.
Un esempio sono i cosiddetti scafisti, che ammassano enormi quantità di persone su imbarcazioni di scarsissima qualità e sicurezza (le “carrette del mare”), partendo dalle coste settentrionali dell’Africa per arrivare nei Paesi mediterranei: l’Italia è una delle mete preferite, perché il tratto dall’Africa alla Sicilia, e in particolare a Lampedusa, è molto corto rispetto agli altri possibili percorsi. Per molti di loro il viaggio continua verso altri Paesi europei. Questi scafisti si fanno pagare somme molto ingenti in cambio della speranza di una nuova vita e sono spesso alleati con varie organizzazioni criminali, avvalendosi inoltre della complicità delle forze dell’ordine dei Paesi d’origine e di transito; attorno all’immigrazione illegale c’è un forte indotto criminale fin dall’origine.
Essendo entrati illegalmente, i clandestini non possono inserirsi nel mercato del lavoro ufficiale. Pertanto, arrivati a destinazione, vengono sfruttati da datori di lavoro senza scrupoli, che li usano come manodopera a basso costo, approfittando della loro condizione di bisogno e del fatto che non sono regolarizzabili, quindi sono facilmente ricattabili proprio a causa della loro posizione irregolare.
In quanto manodopera a basso costo, gli stranieri irregolari finiscono, loro malgrado, per abbassare i salari medi (fenomeno che è detto “svalutazione sociale”); in taluni casi, questa situazione si riflette a danno dei lavoratori regolari, peggiorandone la qualità della vita.
Molti clandestini spesso finiscono, inoltre, per ingrossare la rete della criminalità organizzata, nella quale svolgono il cosiddetto lavoro sporco, ovvero le mansioni di più basso livello, meno desiderabili e più rischiose.
Le politiche dell’immigrazione sono un tema centrale della politica dei Paesi più ricchi. L’Italia ha cominciato a subire il flusso immigratorio solo negli ultimi vent’anni, senza che prima vi fossero delle chiare norme al riguardo (se non qualche minima disposizione nel vecchissimo Testo Unico di Pubblica Sicurezza). Dopo un primo tentativo con la legge Martelli del 1990, solo con la legge Turco-Napolitano del 1998, si decise di controllare il fenomeno immigratorio in modo da limitarlo al massimo, ponendo anche pesanti sanzioni penali per chi lo favorisse. Con la legge Bossi-Fini del 2002, si cercò di restringere ancora di più le possibilità di immigrazione in Italia e si appesantirono le sanzioni penali sia introducendo il reato di immigrazione clandestina a carico di ciascun immigrato, sia appesantendo a tal punto le pene per chi in qualsiasi modo (con qualsiasi atto, fatto o comportamento) contribuisse a favorire l’ingresso in Italia dall’estero da equiparare le pene a quelle dei capi mafiosi, tanto per entità della pena (da 5 a 15 anni di reclusione, oltre la multa di 15.000 euro per ogni persona di cui si è tentato od ottenuto di favorire l’ingresso) che per le misure carcerarie (divieto di concessione dei benefici riservati agli altri detenuti), equiparando ai cosiddetti scafisti anche chiunque contribuisca ad organizzare ingressi apparentemente regolari (ad esempio fittizie richieste di assunzione di specialisti non facilmente reperibili in Italia).
L’introduzione di quote per l’immigrazione, se da un lato dovrebbe evitare un afflusso troppo massiccio di immigrati che non potrebbero essere assorbiti dal mercato del lavoro, dall’altro può finire con l’incentivare l’immigrazione clandestina.
Reato di immigrazione clandestina e reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina
La fattispecie di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina è prevista e punita, nel vigente ordinamento giuridico, all’art. 12 del d.lgs. 286/1998 e successive modificazioni, rubricato come “disposizioni contro le immigrazioni clandestine” stante la complessità delle condotte idonee – nella previsione legislativa – a effettuare a vario titolo violazioni delle disposizioni del testo unico in materia di disciplina dell’immigrazione. Il reato di cui all’art. 12 del testo unico dell’immigrazione si inserisce nell’ambito della ratio legis diretta a contrastare fenomeni di sfruttamento dell’immigrazione illegale attraverso condotte idonee a violare le disposizioni che, all’opposto, disciplinano le modalità di ingresso e permanenza regolare all’interno del territorio dello Stato ovvero di un Paese diverso da quello di cui il soggetto irregolare non è cittadino o residente permanente.
Il delitto di favoreggiamento previsto al primo e al terzo comma del già citato art. 12 del t.u è stato modificato da ultimo dalla riforma della disciplina penale in materia di immigrazione adottata con la L. 94/2009 che ha introdotto una serie di innovazioni sostanziali rispetto al precedente assetto normativo. In primo luogo il legislatore del 2009, nella logica di un maggiore rigore punitivo dei reati concernenti l’immigrazione clandestina, ha esemplificato le condotte dell’ingresso illegale nel territorio dello Stato, con ciò richiamando gli “atti diretti” alle attività di promozione, direzione, organizzazione, finanziamento e trasporto, escludendo espressamente, comunque, l’esaustività delle stesse con il richiamo agli “altri atti”. Altra novità apportata dalla novella del 2009 ha invece riguardato il comma 3 che si caratterizza per il dolo specifico, sul piano dell’elemento soggettivo, modificando l’assetto delle circostanze aggravanti in particolare con riferimento al comma 3ter.